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Mercoledì, 04 Dicembre 2024
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DUE AUTRICI A CONFRONTO

Che cosa hanno in comune Grazia Deledda e Amélie Nothomb? Apparentemente nulla, cento anni dividono le loro vite ma entrambe scrivono attualizzando i loro pensieri alle loro epoche di vita. Entrambe risultano originali nella scrittura e nei contenuti dei loro libri, ma soprattutto non si risparmiano nell'esprimere le loro idee liberamente, anche se contrastano con quelle della loro generazione. Se si legge l'una si può leggere anche l'altra e ciascuna stupirà per la modernità dei propri scritti.

 

NAUFRAGHI IN PORTO di Grazia Deledda  (Ianieri Edizioni, 2023, pp. 223, € 16,00)

Grazia Deledda è stata una importante scrittrice sarda, premiata con il Nobel per la Letteratura nel 1926, prima donna italiana a ricevere un premio così ambito. La Deledda ha scritto testi notissimi come Canne al Vento, L’edera ed Elias Portolu, quest’ultimo ancora citato nei programmi scolastici di letteratura italiana. La sua vena scrittoria è fortemente legata alla sua terra d’origine, la Sardegna, ma in ogni romanzo che propone c’è sempre una straordinaria capacità di legare le vicende narrate con l’attualità del momento. Purtroppo ancora oggi viene studiata poco ed è un vero peccato, perché i suoi meriti, pur riconosciuti con il Premio Nobel, vanno ben oltre il premio medesimo.
Una casa editrice indipendente, la Ianieri Edizioni, ha intuito che gli scritti di Grazia Deledda vanno riproposti per la modernità degli argomenti trattati, oltre alla bellezza della sua intensa scrittura. Ha riproposto, così, il romanzo Naufraghi in porto.
Costantino Ledda sposa con rito civile Giovanna Era, rimandando la cerimonia religiosa in un momento in cui i soldi glielo avessero consentito, ma per un grave errore giudiziario, Costantino viene condannato a trent’anni di carcere.
La vicenda si svolge in un paese che non si sottrae a chiacchiere e pettegolezzi, creando due faide, l’una che assolve Costantino, l’altra che gli dà addosso. La vita di quest’uomo, però, passa in secondo piano di fronte alla moglie Giovanna, rimasta sola con un bambino da crescere. La famiglia di Giovanna, per garantirsi il futuro sostentamento, si prodiga nel far annullare il matrimonio con Costantino, costringendo Giovanna ad un nuovo matrimonio, religioso stavolta, e più redditizio per tutti.
“Io ho voluto bene a Costantino e ho pianto finché ho avuto lacrime. Ora non ne ho più; ora io penso che egli non tornerà più, o tornerà quando saremo vecchi e non posso piangere più. […] sono povera, soggetta alle tentazioni e al peccato. E per sfuggire le une e l’altro prendo il posto che Dio mi assegna.”.
Ci vorranno oltre cinquant’anni prima che il divorzio venga regolamentato senza penalizzare, come sempre, la condizione femminile, ma la Deledda, con questo romanzo, scava negli animi dei protagonisti, ricavandone una fedele immagine del popolo italiano ipocrita e bigotto che considerava un matrimonio civile privo di significato.

 

IL LIBRO DELLE SORELLE di Amélie Nothomb (Voland, 2023, pp. 113, €16,00)

Dopo il suo penultimo libro, Primo Sangue, in cui ripercorre la storia del padre Patrick recentemente scomparso, Amélie Nothomb si ripresenta ai lettori con un nuovo libro, sulla scia del precedente. La storia narra di due sorelle che costruiscono il loro grandissimo affetto reciproco, pur avendo i genitori, Florent e Nora, troppo presi dal loro amore incondizionato reciproco, tanto da trascurare completamente le attenzioni per la crescita delle figlie.
Tristane, introversa e scolasticamente geniale e Laetitia, determinata e ribelle, si cresceranno l’un l’altra e si sosterranno sempre, lasciandosi alle spalle i genitori assenti e bizzarri. Sembra una situazione incredibile, ma non impossibile: le bambine costruiscono le loro pagine di vita osservando e ascoltando il mondo che le circonda e lo fanno, rigorosamente, con l’affetto che si costruiscono da sole. Pur amando i genitori, erano consapevoli di non poter appartenere al loro cerchio affettivo e questa certezza rivela un indice di forza eccezionale per le loro scelte future.
“Laetitia non seppe mai che il cuore può morire di fame, Tristane non poté mai dimenticarlo. Insieme al loro amore apparve quel divario: Laetitia non avrebbe mai patito l’angoscia di non essere amata, Tristane l’avrebbe conservata in eterno.”.
La vita non fa sconti a nessuno e l’epilogo nothombiano non si fa troppo attendere.
Ancora profondamente scossa dal lutto paterno, Amèlie presenta questa “antifamiglia” che non le appartiene certamente, quasi volesse contrastare ancora una volta il recente dolore. Così, la tenerezza espressa precedentemente al padre si trasforma in un quadro eclettico e tormentato, in cui l’autrice domina il dolore, facendo intuire che la sua famiglia, ne Il libro delle sorelle, non era affatto così.
Uno strascico doloroso che non delude mai, quello del libro, ed è un’ulteriore testimonianza d’affetto per se stessa e per la sua famiglia d’origine. Una Nothomb consapevole e matura, che non lesina sentimento e devozione verso i suoi lettori.



PSICOPOMPO di Amélie Nothomb (Voland, 2024, pp. 110, € 16,00)

L’ultimo libro di Amélie Nothomb prosegue un percorso iniziato con Sete (sull’ultima notte di Gesù trascorsa in galera, prima della crocifissione) e poi con Primo Sangue, (dedicato al padre Patrick, scomparso nel 2020). La Nothomb non è una scrittrice da leggere saltuariamente, ma con costanza, perché le sue parole sono spesso schegge della sua vita, che ricompongono la sua anima, i ricordi e i pensieri, offrendo con generosità ai suoi lettori, tutto quello che ha da dire, di unico e profondo.
La sua crescita letteraria, un libro dopo l’altro, evidenzia le fragilità e i punti di forza di una figlia e donna che ha elaborato le sue difficoltà affettive attraverso lo sguardo sul mondo. In particolare, in Psicopompo, scopre lei stessa “l’incursione del non verbale” da bambina, età in cui il linguaggio è l’evento dominante di ogni giornata. L’incursione aviaria e l’amore per gli uccelli diventa la sua ossessione metafisica. Scopre, dal greco antico, che il messaggero dai piedi alati, Ermes, aveva la funzione dello “Psicopompo”, un uccello che accompagnava le anime dei morti nel loro viaggio e che, nell’etimologia della parola, “pompare” significa condurre, come il sistema sanguigno che fa circolare il sangue nel nostro corpo. Il volo di un uccello rappresenta, per Amélie la metafora della scrittura.
“All’allodola non verrebbe mai in mente di lagnarsi dei tormenti sopportati per volare. Il suo canto in volo non è forse un’espressione di gioia? […] Scrivere è il privilegio assoluto. Non esiste grazia più sublime. […] Continuai a scrivere ad ali spiegate. Ogni manoscritto era una migrazione sconosciuta, non sapevo dove stessi andando, scoprivo l’itinerario lungo il percorso.”.
Il dialogo intrapreso con il padre, dopo la sua morte, ha dato la possibilità all’autrice di vivere la sua condizione aviaria, attraverso le tenerezze inespresse in vita e, grazie alla sua scrittura “psicopompa”, ha goduto dello scambio che ogni figlio sogna di avere con il proprio padre.


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