Un padre di famiglia, di cui non si conosce il nome per tutto il romanzo, vive la sua piccola e sacra vita all’interno della sua ferramenta tra il profumo ferruginoso di chiodi e viti.
È un uomo che non chiede di più, ma con una moglie e tre figli da mantenere, ai quali rivolge le sue attenzioni provvedendo alla loro sussistenza e questo, secondo lui, sarebbe dovuto bastare. Segue, quanto basta, la crescita dei figli, rispondendo alle loro richieste con poca attenzione: la figlia Alice, che non fa studiare tanto si dovrà sposare (anche se poi si rivelerà un matrimonio infelice), il figlio Alberto che non vuole studiare e lo piazza in ferramenta da cui scapperà per lidi migliori, e poi l’Ercolino che mangia e studia per sé e i suoi fratelli e siccome non si vede e non si sente va bene così.
Un patriarca vecchio stile e che non vuole scocciature oltre la sua ferramenta, che dà da mangiare a tutti ed è il suo beato rifugio. La vita però, non è una stagnante ferramenta e quando il protagonista se ne rende conto, è troppo tardi.
Andrea Vitali, amaro e ironico, mostra il quadro di una tipica famiglia degli anni 70, proponendo un modo di scrivere fitto e ansiogeno, in cui non c’è spazio, per il protagonista, di fermarsi a riflettere. Gli stessi dialoghi tra i personaggi sono serrati e si intuiscono, nella lettura, dalla prima lettera maiuscola del dialogo in questione. Non ci sono capitoli e si legge tutto d’un fiato, stabilendo, nel lettore medesimo, uno stato d’ansia, molto ben riuscito, partecipativo alla storia.
Una vera abilità quella di Andrea Vitali, che quando scrive fa immedesimare visceralmente il lettore nella dinamica della vicenda che propone.
Un consiglio: sforzatevi di interromperne la lettura con un paziente segnalibro, perché se lo iniziate a leggere la sera, rischiate di passare la notte in bianco per terminarlo!
Andrea Vitali
Sono mancato all’affetto dei miei cari
Einaudi
Maggio 2022
pp. 167
€ 16,00